Simona Porchietto e Piero Cena – AD e proprietari di PG Plast, l’azienda di imballaggi e buste dal cuore green

Simona Porchietto e Piero Cena – AD e proprietari di PG Plast, l’azienda di imballaggi e buste dal cuore green

Impresa manifatturiera che realizza packaging destinato alle attività produttive, PG Plast è stata fondata nel 1973. La continua ricerca nell’ambito delle materie prime e delle tecniche realizzative le ha consentito di crescere in termini di dimensioni, fatturato e personale, gran parte del quale composto da donne. Il 2018 ha visto un passaggio generazionale con il rinnovamento del management aziendale ed il trasferimento dei reparti produttivi presso la nuova sede di Robassomero, in provincia di Torino. ScattoTorino ha incontrato Simona Porchietto, che garantisce la continuità famigliare nella leadership aziendale, e Piero Cena. Gli Amministratori e proprietari della PG Plast puntano sulla qualità più che sulla quantità e hanno una visione eco-sostenibile della produzione. Imprenditori lungimiranti, investono in studi e ricerche finalizzate all’individuazione di processi produttivi virtuosi che sono volti alla riduzione della produzione di rifiuti, al riutilizzo dei prodotti immessi sul mercato, al recupero e al riciclo degli scarti di produzione e dei materiali di risulta e alla riduzione degli impatti sulle matrici ambientali dei processi produttivi, anche con politiche volte alla riduzione dei consumi energetici e all’approvvigionamento da fonti rinnovabili. Dal settore automotive a quello alimentare, dai grandi imballi alle bustine, dai packaging neutri a quelli personalizzati, la PG Plast garantisce ai clienti la propria expertise per individuare la soluzione migliore per tipo di materiale, dimensioni, spessore e chiusura. Inoltre fornisce materiali idonei a venire a contatto con gli alimenti, garantendo le più verificate condizioni per una corretta conservazione dei cibi in essi imballati.

Ci presentate PG Plast?

“L’azienda, 100% made in Italy e 100% eco-friendly, è specializzata in shopping bag ed imballaggi industriali ed utilizza materiali plastici riciclati o di provenienza naturale. Ci rivolgiamo ad un mercato nazionale specifico e qualificato e siamo legati al territorio: i nostri 12 dipendenti sono infatti tutti della zona. Da qualche tempo produciamo anche buste di sicurezza e per la spedizione ed abbiamo acquisito clienti europei. Il nostro plus è rappresentato dall’essere stati all’avanguardia nel settore: quando nei punti vendita le borse sono diventate veicolo del logo del negozio, l’azienda si è rinnovata tecnologicamente per garantirne la produzione. Pur lavorando materiali spesso oggetto di critica come le plastiche, assicuriamo un futuro al nostro pianeta attraverso una ricerca costante di soluzioni sempre più eco-sostenibili. Infatti promuoviamo studi e ricerche sui nostri prodotti sia per quanto attiene ai materiali impiegati sia per l’adozione di misure organizzative e standard qualitativi in grado di soddisfare le esigenze di settori merceologici connotati da particolari necessità, quali le produzioni alimentari”.

Qual è la vostra mission?

“Come sa, le plastiche non vivono un momento di popolarità. Per questo ci siamo posti l’obiettivo di acquisire know-how e tecnologie capaci di offrire la massima sicurezza in termini di impatto ambientale. Il mondo di oggi non può fare a meno dei materiali plastici e chi afferma il contrario sa perfettamente di non dire il vero, ma è nostro dovere ridurre gli effetti negativi sull’ecosistema e incentivarne il riuso. Crediamo infatti che si possa garantire il minor impatto possibile sull’ambiente cercando di approfondire gli aspetti tecnico-scientifici. L’adozione di puntuali ed efficaci Buone Pratiche di Fabbricazione, verificate anche dalle Autorità sanitarie competenti, consente alla PG Plast di fornire ai propri clienti materiali sostenibili e di qualità”.

L’eco-sostenibilità è un tema centrale per voi. Quali Good Manufacturing Practices attuate?

“Abbiamo ragionato e lavorato molto sul tema delle Buone Pratiche. Le plastiche hanno un’elevata durabilità e, se correttamente gestite nel loro fine vita, hanno impatti contenuti sulle matrici ambientali. Molti studi condotti da autorevoli istituzioni e centri di ricerca scientifica, in ultimo ad esempio dall’Agenzia di Protezione Ambientale danese Miljøstyrelsen, dimostrano che i materiali plastici impattano sull’ecosistema meno di quelli alternativi in molti casi ritenuti comunemente meno inquinanti, quali i prodotti realizzati in carta. Inoltre la loro produzione non ha costi elevati, anche se questa caratteristica ha paradossalmente contribuito in alcuni casi ad agevolare impieghi non indispensabili di prodotti plastici, portando allo spreco. Partendo da queste valutazioni ci siamo interrogati spesso su come rendere sempre più sostenibili i nostri prodotti. Il vero problema di questo materiale è il fine vita perché, durando anni, impatta sull’ambiente qualora irresponsabilmente abbandonato e in mare contribuisce all’inquinamento che le microplastiche inducono sulle catene alimentari. Per contro si tratta di un materiale facilmente riciclabile e recuperabile, se correttamente conferito nella raccolta differenziata. Negli anni abbiamo investito molto nella ricerca e siamo giunti a creare dei packaging riciclabili che hanno un minor impatto sull’ecosistema e favoriscono l’economia circolare. Giunto a fine vita, il nostro pack viene recuperato e trasformato per essere riutilizzato. Un esempio concreto sono le buste impiegate dai corrieri per le spedizioni pensate anche per consentire l’eventuale reso dei prodotti da parte dei clienti, che se riutilizzate anche dal destinatario dimezzano l’impatto sull’ambiente, agevolano la possibilità di non venir disperse e quindi inquinare”.

Quali materiali utilizzate per i vostri sacchi e per gli imballaggi?

“Come abbiamo già sottolineato, l’offerta aziendale è fortemente incentrata sulla progettazione di prodotti riutilizzabili, mira a ridurre l’impatto sulle matrici ambientali impiegando materiali di seconda vita realizzati dalla rigenerazione di materiali di risulta e propone alla clientela prodotti in plastica, in carta ed ecologici. BioCom, ad esempio, è un’alternativa 100% biodegradabile e 100% compostabile, mentre il Green PE deriva dalla lavorazione della canna da zucchero ed è riciclabile ed ecologico, quindi ideale per realizzare shopper e materiali di imballaggio durevoli nel tempo e riutilizzabili. Inoltre le nuove tecnologie di stampa ci permettono di sviluppare lavorazioni sempre più preziose per le nostre multibags, puntando sull’utilizzo di inchiostri a ridotto impatto ambientale realizzati con base all’acqua”.

Ci presentate il Progetto Reciplast?

“In linea con la nostra mission aziendale, PG Plast ha promosso insieme ad altri partners questa iniziativa co-finanziata dalla Regione Piemonte e dall’Unione Europea che ha come obiettivo ricercare nuove strade e perfezionare il riciclo e lo smaltimento di materie plastiche al fine di limitarne l’impatto sull’ambiente e sulla società. Aderiscono al progetto il Politecnico di Torino, l’Università del Piemonte Orientale, l’Università degli Studi di Torino, API, Corepla e diverse aziende del territorio. Insieme ricerchiamo soluzioni tecniche per migliorare il riciclo degli scarti plastici nei settori dell’automotive e dell’imballaggio alimentare in modo da riutilizzarli e avere un minor impatto ambientale”.

I vostri prodotti monouso hanno avuto un ruolo centrale durante l’emergenza sanitaria?

“Durante la pandemia alcuni amici dottori ci hanno segnalato che non avevano i dispositivi di protezione necessari. Abbiamo quindi sentito l’esigenza di offrire un nostro contributo e ci siamo inventati un prodotto. Già producevamo dei grembiuli ai quali abbiamo aggiunto maniche adesive che davano una perfetta chiusura e garantivano l’ermeticità dell’indumento. Prima li abbiamo omaggiati ai medici della valle e poi alcune ASL e RSA ce li hanno richiesti. Per tutto il mese di aprile abbiamo lavorato alacremente per produrne il più possibile e abbiamo deciso di rinunciare ad un’occasione di business creando un prodotto utile durante l’emergenza e proponendolo al costo di fabbrica”.

Torino per voi è?

Simona Porchietto: “Sono affezionata al Piemonte, ma Torino l’ho vissuta poco. Un tempo come azienda lavoravamo molto con la città, oggi meno”.

Piero Cena: “Non sono nato a Torino, ma qui sono diventato grande grazie alla scuola e all’amicizia. Io mixo il ricordo degli anni della formazione e della rinascita della città come vetrina europea grazie alle Olimpiadi con la situazione presente. Osservo il tessuto economico locale odierno con preoccupazione perché non mi pare che si riesca ad avere un’idea legata al futuro economico e non si superi il trauma dell’essere orfani della grande fabbrica”.

Un ricordo legato alla città?

Simona Porchietto: “La prima volta che sono stata a Superga e ho visto Torino dall’alto. È stata un’emozione forte che conservo ancora oggi”.

Piero Cena: “Il me ragazzo che andava a fare le scuole superiori in città. Una Torino ricca di opportunità perché tutto lì era a portata di mano. Un altro ricordo, più romantico, è legato a Michel Platini: tagliavo da scuola per andare a vedere i suoi allenamenti”.

Coordinamento: Carole Allamandi

Intervista: Barbara Odetto

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