Professioniste affermate. Donne radicate nel proprio tempo che trovano anacronistico isolare la città dove vivono. Il loro obiettivo è far sì che Torino possa essere connessa con l’Europa e con il mondo per cogliere le opportunità culturali e di business, ritrovando quella spinta creativa che in passato l’ha resa protagonista di innovazioni ed eventi internazionali. Sono le fondatrici del comitato Sì, Torino va avanti. Donne che, con eleganza e stile, si impegnano per dare voce a chi vuole completare i lavori per la Tav ed investire sul futuro. Perché urlare non serve. Sono le azioni che fanno la differenza. La pr Simonetta Carbone, l’architetto Roberta Castellina, la copywriter Donatella Cinzano, l’art director Roberta Dri, l’head hunter Patrizia Ghiazza, l’informatica Giovanna Giordano e l’avvocata Adele Olivero lo stanno testimoniando anche con i cortei che catalizzano in piazza una moltitudine di Torinesi e non: dai cittadini alle istituzioni, dai politici agli imprenditori. Un successo che dimostra la volontà di tutti di dire: Sì, Torino va avanti!


Come è nato il movimento?
“Il movimento Sì, Torino va avanti è nato da un moto spontaneo di ribellione civile quando il 29 ottobre scorso il Consiglio Comunale di Torino ha approvato una mozione del M5S contro la linea ad alta velocità Torino-Lione. Un gruppo di noi si era recata in Municipio per esprimere dissenso contro questa posizione. C’erano anche esponenti di associazioni. Ci siamo conosciute e abbiamo subito deciso di fare qualcosa per esprimere malcontento contro una decisione che riteniamo incompatibile con le esigenze dello sviluppo futuro di Torino. Con un veloce passaparola ci siamo ritrovate in sette ed abbiamo redatto il nostro manifesto programmatico, che abbiamo chiamato dei Sette Sì, per il rilancio di Torino. Intanto su Facebook iniziavano a giungerci migliaia di consensi e di condivisioni. E così abbiamo pensato di scendere in piazza. Siamo tutte professioniste e non avevamo mai organizzato una manifestazione pubblica. Ci ha contattate l’ex sottosegretario ai Trasporti, Mino Giachino, anch’egli impegnato da tempo nella battaglia per la Tav, e insieme abbiamo deciso di chiamare a raccolta i Torinesi, il 10 novembre, in piazza Castello. Ci siamo ritrovati in oltre 40 mila”.
Quali sono i vostri obiettivi?
“Il nostro obiettivo primario è che l’Italia rispetti i trattati internazionali, gli impegni presi con l’Unione Europea, il voto del Parlamento e faccia quest’opera. Ma non solo. Vogliamo che a Torino non prevalga la logica del NO: No alla Tav, No alle Olimpiadi, No ai grandi eventi culturali, ecc. L’idea che la ricetta per la città sia la decrescita felice è perniciosa, è una strada impercorribile soprattutto per una grande area manifatturiera, che, nonostante i gravi colpi della crisi, è ancora la seconda per importanza nell’Unione Europea”.

Che cosa è cambiato dal 10 novembre del 2018 al 6 aprile di quest’anno?
“La manifestazione del 10 novembre ha segnato una svolta, perché ha fatto emergere con chiarezza le posizioni divergenti in seno al governo fra Lega e Movimento 5 Stelle sulla Tav. Fino a quel momento non erano così nette, anzi si ipotizzava una sorta di baratto: la Lega accettava il No alla Tav e il M5S non si opponeva alle grandi infrastrutture in Lombardia e Veneto. Oggi prendiamo atto con soddisfazione che sono partiti i bandi di gara europei per la Torino-Lione e che il nostro appello Sì Tav è stato raccolto da tutte le altre regioni del Nord”.
Vi aspettavate un’adesione così partecipata da parte dei Torinesi?
“Solo chi non conosce Torino e il Piemonte può pensare che vi sia una maggioranza NO Tav. Torino per crescere necessita di infrastrutture moderne e, soprattutto, di collegamenti veloci ed efficienti. Ci sono sondaggi pubblicati dai mass media che indicano come oltre i due terzi dei torinesi e dei piemontesi siano favorevoli all’opera. D’altronde, non si spiegherebbe perché un movimento che ha detto più volte di considerare il referendum uno strumento primario di consultazione della volontà popolare si sia opposto a quello per la Tav. Alle nostre manifestazioni sono venuti anche numerosi amministratori e sindaci della Valle di Susa, che, contrariamente a quanto si pensa, non è assolutamente compatta contro la Torino-Lione”.

Con voi anche il mondo della politica, dell’imprenditoria e i Sindaci di molte città. Qual è il segreto di questo successo?
“Il consenso alla nostra iniziativa è stato immediato e la sua ampiezza ha stupito molti osservatori. Credo che sia servito precisare da subito che la nostra non era un’iniziativa partitica, che non volevamo essere contro o a favore di nessun partito. Una posizione che ha permesso di coagulare le più disparate associazioni, come non era mai avvenuto: al corteo del 6 aprile hanno partecipato 40 sigle, dalla Confindustria di Torino e del Piemonte ai lavoratori edili della Cgil. C’erano le bandiere rosse, quelle dell’Europa e quelle tricolori. L’arco politico andava dal Pd a Fratelli d’Italia, sono venuti anche esponenti di Forza Italia e della Lega, partiti che, pur condividendo la nostra battaglia, avevano deciso di astenersi dall’aderire ufficialmente perché temevano speculazioni da campagna elettorale. Infatti in Piemonte si vota a maggio anche per le elezioni regionali”.

Quali sono le prossime tappe del progetto?
“Siamo scese in piazza quattro volte, siamo andate in molte altre città italiane, abbiamo partecipato a decine di incontri. Ora attendiamo di capire quali risposte concrete ci darà la politica. Se non andranno nella direzione da noi auspicata non staremo certo con le mani in mano. Ma non dimenticate che il nostro impegno primario è quello di svolgere bene il nostro lavoro, che non vogliamo certo abbandonare.
Torino per voi è?
“Torino è la città che amiamo, in cui vogliamo che anche i nostri figli possano trovare valide opportunità di lavoro. È una città bellissima, civile, ricca di energie positive. Ma la crisi ha lasciato ferite profonde. Con grande operosità ha valorizzato le proprie risorse culturali, storiche e turistiche, che ha fatto conoscere al mondo con le Olimpiadi del 2006. Ma, come abbiamo detto, è ancora una grande città industriale e questo tessuto di aziende grandi e piccole deve essere aiutato a vivere e a crescere”.
Un ricordo legato alla città?
“Ricordiamo i giorni frizzanti del Salone Internazionale dell’Automobile. Torino usciva dal suo riserbo, alberghi e ristoranti erano al gran completo. I mezzi pubblici issavano le bandiere delle nazioni partecipanti, come navi col gran pavese. A Torino Esposizioni la grande volta di Nervi brillava di mille luci e sotto di essa luccicavano le carrozzerie di tutte le auto del mondo. Uno spettacolo emozionante. Una simile atmosfera l’abbiamo rivissuta nei bellissimi giorni delle Olimpiadi invernali. Anche questo è significativo per comprendere il cambiamento della città”.

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto