Ivan Bert – Trombettista e compositore di ricerca

Ivan Bert – Trombettista e compositore di ricerca

Gesto, suono, movimento e al centro lei, la musica. È questa l’affascinante relazione che caratterizza la ricerca artistica di Ivan Bert, trombettista e compositore “made in Turin” che dopo gli studi universitari di biologia si è diplomato col massimo dei voti al Conservatorio Giuseppe Verdi in Musica Jazz. La sua arte passa dalla composizione per il mondo della danza al teatro, dagli ensemble orchestrali alle arti contemporanee sino alla sperimentazione scientifico-artistica. Artista poliedrico, Bert firma opere teatrali, coreografie e site-specific in luoghi non convenzionali ed estremi. È anche fondatore e direttore della Dark Magus Orchestra, ensemble sincretico che comprende musicisti italiani, brasiliani, himalayani e la sperimentazione elettronica live ed è stata una delle anime del celebre Fringe Torino Jazz Festival e del Fringe in the box. L’artista lavora con registi teatrali come compositore e coautore per l’ideazione e la produzione di opere su palco e site-specific nel tessuto urbano quali Mozart e Salieri basato sulla sua opera di musica concreta WhAM for Symbolic Orchestra and Vinyls che gli è valsa il premio NEXT2014 Teatro Regione Lombardia. Organizza infine attività performative di natura benefica e nel 2015 ha ideato e prodotto, con l’amico artista Gianni Denitto, Jazz to Nepal Donate Your Concert per promuovere il finanziamento diretto del Kathmandu Jazz Conservatory. MaXXi Museo del XX Secolo Roma, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, Museo Castello di Rivoli, Auditorium Parco della Musica Roma, Fonderie Teatrali Limone, Teatro Vascello, Bunker Antiatomico NATO Monte Soratte Italia sono solo alcune delle location che lo hanno ospitato.

Ivan e la tromba: amore a prima vista?

“Sono nato in un ambiente stimolante e non ho un ricordo che non sia legato alla musica. Da bambino studiavo pianoforte, poi sono passato allo sport. Alla fine del liceo suonavo hip hop e cantavo. Poi mi sono innamorato di una ragazza che abitava in centro Italia e mi sono chiesto: se un giorno la rivedessi, cosa le racconterei? Ho pensato che sarebbe stato bello incontrarla dopo un mio concerto. Mi interessava la storia della musica e sono andato indietro fino al jazz, che è la parte più meticcia e fondante del sound americano. Volevo uno strumento che parlasse e ho scelto la tromba perché mi avrebbe dato anche disciplina. Arrivando dallo sport, ero abituato al rigore e alla pratica quotidiana. La tromba è come un cane da guardia: non ti lascia mai. Ogni giorno devi praticarla. È amore e odio”.

 

A sinistra: Ivan Bert – “ABorigine” Flashback, Torino

A destra: Ivan Bert – Scultura sonora di Alessandro Sciaraffa

La musica per te è?

“È un canale che la mia emotività ha trovato per strutturarsi. Più in generale, è fondamentale per la cultura umana ed è sintomatica perché rispecchia la condizione della società. Bisogna saperla ascoltare e interpretare. Gli artisti hanno la responsabilità del suono e devono ricordare che la musica è legata al gesto e alla parola, quindi in qualche modo ha più a che fare con lo spazio e il movimento che semplicemente con il linguaggio. Quando lavori in questo settore sai che sei connesso a paesi, società e civiltà diverse. Hai un dovere verso di te e verso gli altri”.

L’arte in generale, cosa rappresenta e quali relazioni ha con il tuo essere musicista?

“Sono nato in un ambiente psiconautico a metà degli Anni ’70, in un contesto storico dove purtroppo la violenza era tangibile. In quel periodo il sapere era una forma di emancipazione sociale ed ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dove arte, cultura e sport si intersecavano. Ho capito presto che non serve settorializzare le attività umane perché il nostro cervello è multitasking. C’è un’interconnessione tra le arti che mi affascina, così come la musica mi interessa per il suo aspetto antropologico e perché non ha la capitalizzazione sull’oggetto: è la più libera delle espressioni e non è tangibile. Danza, musica, pittura, scultura, teatro: ogni forma espressiva deve essere al servizio delle persone e, se possibile, dei loro pensieri. Questo è il vero valore”.

Scienza e musica: quali sono le connessioni?

“Credo che i musicisti possano essere considerati degli scienziati del suono nella misura in cui usano la sua tecnologia. L’interconnessione tra i due mondi mi affascina ed ho partecipato a diversi progetti che li hanno saputi unire. Ad esempio, nel 2014 ho composto e suonato un’opera con Alessandro Sciaraffa e Marco Benz Gentile per tromba, viola, microonde e superficie della Luna intitolata I lunatici parlano alla luna utilizzando la superficie lunare come specchio interplanetario per il suono. Grazie al collegamento in streaming con il Radio Telescopio dell’Osservatorio Astronomico Val Pellice, il pubblico ha interagito con il satellite terrestre e una trasmissione radio EME (Earth-Moon-Earth) ha permesso di riflettere sulla superficie lunare la voce dei presenti ed ascoltarne l’eco. Nel 2015, nell’ambito del Festivla delle scienze che si teneva all’Auditorium Parco della Musica di Roma, ho collaborato con Stefano Benni alla performance Quello che non so. Si trattava di un percorso alla scoperta di alcune delle più affascinanti questioni ancora aperte della fisica contemporanea attraverso i temi di attualità scientifica come l’origine e l’evoluzione dell’universo. Benni leggeva brani di Luis Borges e io usavo i suoni della Nasa. Nel 2018, invece, ho ideato, scritto e realizzato dal vivo Retroazione, un progetto multimediale con il Collettivo di Torino Superbudda e 6 grandi artisti italiani. Il progetto è stato una sfida ambiziosa che abbiamo potuto realizzare grazie al finanziamento della Compagnia di San Paolo; la Fondazione Merz ha ospitato la nostra performance e l’installazione che si basava sull’idea di condivisione tipica dell’era digitale, in cui gli strumenti consentono nuove forme e modalità di spartizione di idee. Si trattava di un luogo immersivo dove immagine e suono dialogavano con il pubblico in maniera visionaria e coinvolgente, animati dai materiali video forniti dai fruitori dell’installazione tramite i propri dispositivi elettronici. Il processo era controllato da una partitura nata da una collaborazione artistica tra più musicisti e pensata come sistema aperto e variabile che assecondava il carattere rigenerativo del lavoro. L’opera si nutriva letteralmente del bisogno delle persone di vedersi viste, anche solo per 30 secondi”.

Ivan Bert SJØ live @ OGR Torino – LaStampa “Le Sfide dell’Innovazione” 2018 Ivan Bert, Gabriele Ottino, FiloQ, Paolo Porta, Andrea Bozzetto

Progetti targati 2019?

“Ho appena concluso lo spettacolo La storia degli orsi panda raccontata da un sassofonista che ha un’amichetta a Francoforte di Matei Visniec, un drammaturgo rumeno dal linguaggio surrealista. Con la crew torinese partirò a breve per un viaggio tra Germania e Polonia per un lavoro finanziato dalla Compagnia di San Paolo. Siamo in cinque a andiamo al confine tra quelle che erano le due Germanie e al confine tra Europa ed ex Unione Sovietica. Il lavoro, Tito Andronico, andrà in scena a settembre. Il titolo richiama la prima tragedia di Shakespeare nella quale l’autore analizzava la fine dell’impero romano. Il drammaturgo tedesco Heiner Müller fece un’analisi dell’opera shakespeariana nella quale preconizzò il crollo dell’impero russo. Noi utilizziamo Müller come lui usò Shakespeare per cercare le tracce di quella che sarebbe dovuta essere la fine della storia, ma che continua ancora oggi. È un lavoro sull’archeologia nel quale registrerò suoni e rumori, ma anche i silenzi. Da tempo lavoro sull’archeologia della musica. Alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo feci Mystery Sonata creato sulle antiche composizioni e sui misteri della vita di Von Biber. Diamo per scontato il silenzio, ma è la matrice del suono, e il suono è fatto di pause. A fine primavera, invece, parteciperò ad una mostra scientifica sullo spazio ad Hong Kong insieme con due produttori italiani. Sto inoltre organizzando un live andata e ritorno a Marrakech con il quintetto con il quale ho partecipato all’International Jazz Day UNESCO nel 2017. Mi piacerebbe anche realizzare due dischi e sto lavorando al progetto SJØ” che indaga la relazione tra spazio architettonico e musica partendo dal confronto con l’antropologo Franco La Cecla e dalle nuove frontiere della tecnologia applicata al suono e alla luce”.

Ivan Bert SJØ Suond Journey – LaStampa – MOVEMENT Music Festival @ Caselle Airport (Ivan Bert, Paolo Porta, FiloQ, Andrea Bozzetto)

Torino per te significa?

“È il più bel paese di montagna che esista. Ha una posizione strategica ed un valore geografico speciale perché è vicino al mare, alla Francia, a Milano. Ha una tradizione culturale importante ed è a dimensione d’uomo. Con una telefonata, in 20 minuti puoi incontrarti fisicamente con colleghi artisti immersi in questa architettura che fa bene agli occhi e al pensiero. Siamo una città poliedrica e ricca di valori. Ho viaggiato un po’, ma ho scelto Torino per vivere”.

Un’emozione legata alla città?

“Mi emozionano la luce sul fiume e l’odore della neve. Torino è elegante, ha una storia e una bellezza raffinata che aiuta a pensare”.

Ivan Bert – ARTISSIMA Party 2017 @ CAMERA Torino

 

Intervista: Barbara Odetto

Coordinamento: Carole Allamandi

Ph: Ivan Bert by Fabrizio Cirulli

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